Giurin giuretta.
Io la mia ideuzza ce l’avevo in mente
già da giorni e giorni, solo che naturalmente mi sono ridotta come (quasi)
sempre all’ultimo minuto per produrre la ricetta MTC del mese….!
Quando la
settimana scorsa ho visto il titolo del post di Simonetta per la
rubrica "Le voci degli altri" sul blog MTC non ho potuto fare a meno di fare fuoriuscire un lunghissimo
“NOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!”, seguito a ruota da un “E ORA COSA FACCIOOOOOOOOOOOOOOOOO?!?!?!!?!?!?!?!?”.
Ma visto che difficilmente mi faccio
prendere dal panico vero, i miei due praticissimi neuroni stavano già trovando
delle vie di uscita al mio sgomento: in fondo una delle regole che mi sono data
per affrontare questo piacevolissimo impegno mensile è quella di non guardare
le ricette proposte dagli altri concorrenti fino a quando non pubblico la mia.
Solo che, ahimé, il blogroll stavolta
è stato quasi fatale: ma ho pensato comunque di perseverare, perché 1) sono
diabolica; 2) a me questa ricetta andava proprio a genio.
Quindi,
perché non proporla comunque, magari anche con qualche piccolissima variante?
Magari il fuori-concorso sarà dietro l'angolo, ma pazienza, la ricetta in questione vale sicuramente il rischio.
Ricapitolando:
il tema proposto dalle sisters Marta e Chiara vincitrici
della scorsa sfida, è lo spezzatino di carne.
Partendo dal presupposto che lo
spezzatino non è la mia preparazione favorita (sono una devota della carne
fondamentalmente al sangue, se non proprio cruda), sono comunque sempre
disponibile a cercare qualche variante che possa comunque allettarmi. Sia in
termini gustativi che in termini culturali.
Ora, quando ho letto che la sfida
sarebbe stata centrata sullo spezzatino, le mie meningi, non chiedetemi perché
(non lo so nemmeno io), hanno subito vagato verso altre culture, un po’ perché
nella mia famiglia non c’è una tradizione specifica in questo campo, un po’
perché tutto quello che ruota intorno allo sviluppo di questa preparazione è
qualcosa che viene da lontano, quando alla scarsità e alla bassa qualità del
cibo si doveva porre rimedio ingegnandosi in vari modi: è una preparazione
sicuramente ancestrale, che mi ha fatto immediatamente pensare a pentoloni che
lentamente sobbollivano su fuochi rudimentali, il tutto immerso in un paesaggio
arroventato dal sole, circondato da spazi infiniti permeati degli echi di un
ricco passato.
Il Corno d’Africa, la Somalia,
l’Etiopia.
Proprio l’Etiopia viene considerata
non a caso la culla della civiltà, se pensiamo solo al fatto che i resti di
“Lucy” sono stati ritrovati proprio qui, dopo circa 3 milioni e mezzo di
anni.
Basti
pensare che proprio qui fu il regno della leggendaria regina di Saba, che
dall’unione con re Salomone ebbe Menelik, destinato ad unificare il regno (dopo
avere, secondo la leggenda, portato l’Arca dell’Alleanza ad Axum) e a diventare
“Negus Neghesti”, il Re dei Re.
Gli etiopi, la loro terra tanto dura
quanto magnifica, le loro nobili origini, le loro tradizioni: tutti questi
elementi creano un fascino particolare, che sicuramente si rispecchia anche
nella loro cultura del cibo.
Lo zighinì è lo spezzatino tipico di
questa terra: generalmente di carne di manzo o di montone, deve avere come
ingrediente fondamentale il berberé, un mix di spezie piccanti e aromatiche che
rende questa preparazione unica e inconfondibile.
A rendere il piatto completo infine
c’è l’ injera, il loro tipico pane fermentato (si prepara con 2/3 giorni di
anticipo), di forma rotonda e dal gusto acidulo, che viene usato come base
sulla quale servire lo zighinì: ogni commensale strappa con le mani una parte
di injera ricoperta di carne, richiude la porzione e la gusta.
Io nella mia versione ho optato per
la carne di capra, nel taglio della spalla, adatto ad una cottura più lunga; al
berberé mancano i semi di sedano di montagna (perché sinceramente o andavo in
Etiopia o se no niente!); mentre l’ injera, dopo varie ricerche in rete, è
stata fatta con un mix di farine e lievito di birra: in effetti nella
tradizionale versione etiope viene usata la farina di teff, un cereale
antichissimo, simile al miglio, originario proprio degli altipiani della zone, che
nei suoi semi contiene già un lievito naturale che ne aiuta la fermentazione.
Tirando le somme, posso dire che sono
stata contentissima di preparare questa ricetta, che mi ha fatto fare la pace
con lo spezzatino: è un piatto che nella sua semplicità risulta sontuoso nel
sapore, ricco di aromi quanto di tradizione.
Preparandolo prima e gustandolo
poi si fa un tuffo nel passato, ed è un’esperienza indimenticabile.
A proposito, viene consigliata per
una degustazione ottimale una cottura lentissima a fuoco bassissimo
(naturalmente a seconda del tipo di carne prescelto) il giorno prima; il giorno
dopo si riscalda il tutto di nuovo a fuoco molto basso fino a quando il tutto
raggiunge la giusta temperatura.
ZIGHINI’ DI
CAPRA CON INJERA
1kg di carne
di capra
1 cipolla
grande, 2 spicchi di aglio, 2 cucchiai di burro
2/3 cucchiai
di berberé
500gr
pomodori pelati + 50gr di concentrato di pomodoro
4 uova sode
Acqua, sale
qb
Per il
BERBERE’
2 cucchiaini
abbondanti di peperoncino in polvere (ci andrebbero i peperoncini rossi
abissini!)
1 cucchiaino
di semi di cardamomo
1 punta di
cannella
½ cucchiaino
di zenzero in polvere
½ cucchiaino
di pepe nero
½ cucchiaino
di semi di coriandolo
½ cucchiaino
di chiodi di garofano in polvere
1 cucchiaino
di fieno greco in polvere (ci andrebbero i semi!)
Per l’
INJERA
250gr farina
00
250gr farina
di mais
125gr semola
di grano duro
25gr lievito
di birra
1 bicchiere
di acqua
1 cucchiaino
di zucchero
Ho
cominciato 3 giorni prima del presunto consumo preparando l’impasto per
l’injera e il berberé.
Injera:
sciogliere il lievito e lo zucchero nell’acqua tiepida e fare riposare 10
minuti. Poi impastare con il mix di farine, coprire con pellicola e canovaccio
e lasciare fermentare per 3 giorni.
Dopodiché,
lavorare l’impasto aggiungendo tanta acqua tiepida fino ad ottenere una
pastella fluida (tipo quella per le crèpes).
Cuocere
quindi in una padella (lo spessore deve essere più o meno di 3/4 millimetri)
solo da un lato, per circa 3 minuti. Devono formarsi delle bollicine in
superficie, e la consistenza deve essere spugnosa e umida.
Fare
raffreddare su di un canovaccio senza sovrapporle.
Berberé:
ungere appena con dell’olio un padellino e tostare i semi (nel mio caso
cardamomo e coriandolo) per un paio di minuti, sempre mescolando perché non
brucino.
Poi
mescolare alle altre spezie e pestare col mortaio fino a ridurre tutto in
polvere: chiudere in un contenitore ermetico.
Il giorno
prima del presunto consumo ho preparato lo zighinì.
In una
pentola di terracotta ho fatto sciogliere il burro, poi ho aggiunto cipolla e
aglio tritati e li ho fatti soffriggere.
Ho poi
aggiunto la carne tagliata a pezzetti e fatto rosolare a fuoco lento anche
quella.
Ho aggiunto
il berberé (ho utilizzato tutto il prodotto risultato dalle dosi indicate) e regolato di sale.
Ho
stemperato il concentrato di pomodoro in un bicchiere di acqua tiepida, quindi
ho aggiunto questo e i pomodori pelati tagliati grossolanamente.
Ho regolato
il fuoco bassissimo e cotto per circa 1 ora e mezza (utilizzando
anche il frangifiamma).
Nel
frattempo ho rassodato le uova.
A circa 10
minuti dal termine della cottura le ho aggiunte amalgamandole al resto.
Ho servito
lo zighinì sull’ injera e ho mangiato con le mani.
Una
soddisfazione unica!!!!
Con questa ricetta antica partecipo all' MTC numero 35:
Buona settimana! :-)